"Parassiti professionisti” è l’originale quanto efficace definizione che il professor Eustachio Tarasco, dell’Università di Bari, ha attribuito ai Nematodi entomopatogeni durante l’episodio del nostro podcast “Fatti di terra” dedicato a questo argomento, di grande attualità e di forte interesse per chi voglia fare agricoltura sostenibile.
Un tema davvero affascinante, al quale ci siamo così tanto appassionati da averlo voluto ulteriormente approfondire, consultando alcune delle numerosissime pubblicazioni scientifiche che ne parlano.
Ma andiamo per gradi.
I Nematodi entomopatogeni in agricoltura
I Nematodi entomopatogeni di interesse agrario afferiscono principalmente a due famiglie, Steinernematidi ed Eterorabditidi, e sono in grado di contrastare diversi insetti parassiti di colture agrarie.
Come? Allo stadio larvale essi penetrano nell’insetto ospite attraverso le cavità corporee o aperture naturali, rilasciando dei batteri (dei generi Xenorhabdus per gli Steinernematidi e Photorhabdus per gli Eterorabditidi) con i quali instaurano rapporti di simbiosi. Questi, provocando il disfacimento dei tessuti dell’ospite, forniscono nutrimento al Nematode. Il processo porta a morte l’insetto nell’arco di poco tempo, tra le 24 e le 72 ore, e da esso fuoriescono nuovi individui di Nematodi che si mettono in caccia di altri insetti da parassitizzare.
La conoscenza della loro modalità di parassitizzazione degli insetti nocivi ha portato alla formulazione di prodotti per la protezione delle piante a base di Nematodi entomopatogeni, che possono essere distribuiti sia al suolo (caso più frequente), sia sugli apparati epigei delle colture.
Efficacia e batteri simbionti
Come sopra riportato, il danno provocato dai Nematodi entomoparassiti agli insetti nocivi passa attraverso l’azione di batteri che con essi hanno stabilito relazioni mutualistiche.
Ma la neutralizzazione dell’ospite si deve solo all’azione del batterio? Uno studio condotto presso l’Università della California nel 2017 su Steinernema carpocapsae ha dimostrato che anche il Nematode ha anche un’azione tossica diretta sul parassita ospite.
Certamente i due organismi simbionti (Nematode e batterio) si “danno man forte” nel raggiungere l’obiettivo: per esempio, si è calcolato una singola larva di S. carpocapsae è sufficiente per uccidere una larva di Hylobius abietis (parassita delle conifere), ma che la DL50 (per i non addetti ai lavori: la DL50, o dose letale 50, è la quantità di una sostanza o di un prodotto in grado di portare a mortalità il 50% degli individui bersaglio) del simbionte batterico, Xenorhabdus nematophila è di 3500 cellule. Ma una singola larva di S. carpocapsae contiene solo 20-200 cellule del batterio, suggerendo che esiste una sinergia patogena quando sono presenti sia il Nematode che il batterio. Questi dati supportano l'idea che i Nematodi S. carpocapsae contribuiscano attivamente alla soppressione immunitaria e all'uccisione dell'ospite.
In effetti, ancora poco si sa sulle prime fasi del parassitismo e su come i Nematodi avviino il loro ciclo vitale all’interno dell’ospite. La ricerca sopra citata ha analizzato i cambiamenti che intervengono nella loro morfologia, nella loro espressione genica e nel rilascio di molecole proteiche durante la transizione da forma giovanile (che penetra nell’ospite) a parassita attivo e in via di sviluppo. Così facendo è stato evidenziato che una volta penetrati nell’ospite i Nematodi rilasciano proteine tossiche per numerosi ospiti, tra cui Drosophila melanogaster.
Sono state caratterizzate 472 proteine prodotte in seguito al processo di infezione e a un deciso mutamento nell’espressione genica che interviene in concomitanza con esso. Tra esse molto abbondanti sono le proteasi e gli inibitori delle proteasi, potenzialmente in grado di sopprimere il sistema immunitario dell'ospite.
Nematodi entomopatogeni e feromoni, combinazione vincente
L'efficacia dei Nematodi entomopatogeni si basa sulla loro capacità di individuare l'ospite e sull'infettività. Le larve dei Nematodi sfruttano numerosi “indizi” ambientali per trovare gli ospiti, tra cui sostanze volatili prodotte dalle piante o fattori di riconoscimento dell'ospite, tra cui la CO2, le feci e odori vari.
Un’altra ricerca, questa volta condotta presso l’USDA e pubblicata nel 2019 dal Journal of Invertebrate Pathology, ha dimostrato che i Nematodi entomopatogeni nella loro ricerca di ospiti da infettare sono guidati anche da segnali feromonici. I test effettuati con prodotti a base di Nematodi entomopatogeni trattati con estratti di feromoni ne hanno mostrato la maggior efficacia (dal 28 al 78% in più) rispetto a quelli non trattati, aprendo nuove possibilità di formulazione.
I Nematodi e l’uomo
Non tutti i Nematodi sono “buoni”, né per le piante, né per gli animali, né per l’uomo. Si tratta però si parassiti obbligati di determinate specie, per cui gli entomopatogeni utilizzati in agricoltura non sono assolutamente pericolosi per l’uomo.
È stato però osservato che alcune delle proteine tossiche prodotte da S. Carpocapsae per neutralizzare l’ospite sono prodotte anche da Nematodi parassiti dell’uomo, il che fa di S. carpocapsae un organismo modello dal cui studio potrebbero derivare importanti conoscenze per la salute umana.
Vuoi saperne di più sui Nematodi entomopatogeni e soprattutto sul loro impiego in agricoltura?
Ascolta l’episodio di “Fatti di terra” in cui il professor Eustachio Tarasco ne parla diffusamente.
Riascolta la puntata del nostro podcast: