Se con il concetto di riduzione delle emissioni di gas serra ormai abbiamo piena confidenza, meno “famose” sono le tecnologie per catturare la CO2 dai fumi di scarico o direttamente dall’atmosfera. Sebbene esse siano ancora poco più che prototipali, potrebbero darci una mano raggiungere la neutralità climatica prevista del Green Deal nel 2050.
Tanto semplice concettualmente, quanto complicata de mettere in atto a livello pratico, la rimozione dell’anidride carbonica dai fumi di scarico delle attività produttive o direttamente dall’atmosfera è allo studio da diversi anni.
La quantità di anidride carbonica che si concentra nell’atmosfera è la risultante di un bilancio estremamente complesso, cui contribuiscono le emissioni derivanti dall’uso di fonti fossili - petrolio, carbone e metano - per produrre energia elettrica e carburanti, per riscaldare i nostri edifici e permettere le attività produttive, ivi compresa quella agricola, e i fenomeni naturali che portano al suo stoccaggio, principalmente nelle foreste, nei suoli e negli oceani.
La capacità delle piante di sottrarre anidride carbonica dall’atmosfera, legata all’attività fotosintetica, è seriamente minata dalla deforestazione indiscriminata messa in atto dall’uomo. Ma non solo. Come sottolineato dal Prof. Aldo Ferrero nella quarta puntata del nostro podcast “Fatti di terra”, dedicata alla strategia Farm to Fork, le direttive imposte dalla Ue all’agricoltura comunitaria per i prossimi decenni, volte a favorire il raggiungimento della neutralità climatica nel 2050, porteranno inevitabilmente a una riduzione della capacità produttiva e delle superfici coltivate e, in ultima analisi, a un minor contributo della nostra agricoltura all’assorbimento di anidride carbonica dall’atmosfera.
Dunque, se volessimo assorbire CO2 dall’atmosfera con processi industriali?
CCS, Carbon Capture and Storage
Le tecnologie che vanno sotto il nome di CCS, Carbon Capture and Storage prevedono la sottrazione dell’anidride carbonica direttamente dai gas di scarico delle attività produttive e la sua compressione e trasformazione in un fluido, che ne rende possibile il trasporto verso i siti di stoccaggio, tipicamente giacimenti esauriti di petrolio o gas.
Di queste tecnologie e del loro possibile contributo alla neutralità climatica si è occupato in tempi recenti anche l’IPCC, International Panel on Climate Change, mantenendosi su una posizione cautamente possibilista. Pur citando alcuni casi concreti di applicazione - come quello di Microsoft, o della città di Copenaghen, che ha implementato tecnologie CCS sui suoi impianti di smaltimento rifiuti – l’IPCC ribadisce con forza la necessità dell’impegno alla riduzione delle emissioni, che non deve in alcun modo essere disatteso.
Le CCS sono solo un’utopia o meglio qualcosa di cui si stanno infatuando le Big Tech, come scriveva Pietro Minto nel sito di Lifegate lo scorso giugno 2022? Un po’ come accade per ogni tecnologia nuova e innovativa, anche le CCS vantano sostenitori e detrattori. E d’altronde, nel luglio 2021 la rivista Mit Technology Review, testata ufficiale del prestigioso Massachusetts Institute of Technology, definiva queste tecnologie “una pericolosa distrazione” dal ben più importante, urgente e realistico obiettivo di tagliare drasticamente le emissioni di gas serra. Anche lo stoccaggio della CO2 nel sottosuolo non è privo di rischi, tra cui quelli di fuoriuscite e/o di fenomeni di instabilità della crosta, sottoforma di microsismi.
BECCS, puntare sulle biomasse
Coinvolgono da vicino l’agricoltura le tecnologie che vanno sotto il nome di BECCS, Bioenergy with Carbon Capture and Storage, che di fatto costituiscono una “variante” delle CCS. Le BECCS, tuttavia, non puntano all’eliminazione della CO2 dai fumi di scarico, bensì direttamente dall’atmosfera.
Il sistema si basa sulla produzione di energia dalla combustione di biomasse, precipuamente origine vegetale, da piante coltivate a questo scopo e che nel corso della loro crescita sequestrano CO2 dall’atmosfera. La CO2 prodotta durante la combustione viene catturata e stoccata, fatto che rende questa tecnologia potenzialmente a zero emissioni, quando non a emissioni negative. La discussione attorno alle BECCS è accesa, anche alla luce del fatto che la coltivazione estesa di piante da biomassa ridurrebbe la disponibilità di suolo per produzioni alimentari. Una criticità assolutamente di primaria importanza, considerato che gli obiettivi e le imposizioni del Farm to Fork rischiano di rendere l’Unione Europea dipendente da Paesi terzi per alcune colture (altra riflessione contenuta nella quarta puntata del nostro podcast).
DAC, i sistemi “photosynthesis like”
Puntano alla rimozione della CO2 direttamente dall’atmosfera, ma senza sfruttare piante, le tecnologie cosiddette DAC, Direct Air Capture. Esse prevedono l’utilizzo di impianti tecnologicamente all’avanguardia il cui principio di base è il “risucchio” di enormi masse d’aria, che vengono fatte transitare attraverso filtri di vario genere in grado di fissare la CO2, in pratica “mimando” ciò che le piante fanno nel corso della fotosintesi clorofilliana. Ne parla profusamente Sandro Iannaccone in questo articolo pubblicato da Wired. L’impianto più potente e performante tra quelli di questo tipo si trova oggi in Islanda ed è stato realizzato dalla svizzera Climeworks.
L’agricoltura attore primario del sequestro di CO2
Tornando coi piedi per terra, va sottolineato come il contributo dell’agricoltura alle emissioni di CO2 sia importante, anche se inferiore a quello delle attività industriali e dei trasporti. Non è certo da oggi che si riflette sull’utilità di ridurre gli input ingiustificati e di razionalizzare le pratiche agricole per ridurne l’impatto ambientale, pur continuando a garantire la sicurezza alimentare, in quantità e qualità.
Ma il ruolo dell’agricoltura è fondamentale anche nel contribuire alla cattura della CO2 dall’atmosfera. In quest’ottica l’Unione Europea ha “messo a sistema” il Carbon Farming, politica di incentivi per gli agricoltori che adottano pratiche agricole in grado di incrementare lo stoccaggio della CO2 nei suoli.
Difficilmente la soluzione sarà univoca
A conclusione di questa breve e certamente non esaustiva panoramica sulle possibili “azioni” per sottrarre CO2 dall’atmosfera, vale la pena di sottolineare che, per quanto alcune delle tecnologie descritte suscitino più di una perplessità, la ricerca e l’innovazione non si possono fermare.
Ben difficilmente gli obiettivi di decarbonizzazione e neutralità climatica potranno essere raggiunti scartando a priori tecnologie più difficili da implementare o più costose.
Ascolta la puntata del nostro podcast dedicata al Farm to Fork: